martedì 16 novembre 2010




Barletta, 23 luglio 2003. Un momento della traslazione dei resti mortali del Servo di Dio don Ruggero Caputo, nella chiesa di S. Giacomo Maggiore.

IMMAGINE E FOTO TRATTI DA: www.dioeifratelli.it

Don ruggero Caputo, nacque a Barletta, il 1 Maggio 1907 da umile famiglia contadina di saldi principi morali e religiosi. Messosi sotto la guida del Servo di Dio mons. Angelo Raffaele Dimiccoli, " padre e maestro di una moltitudine di figli e suscitatore di giovani alla sequela di Cristo", maturò la chiamata al sacerdozio, infatti all'età di 19 anni abbandonò il lavoro dei campi ed entrò nel seminario di Bisceglie per consacrarsi al servizio della vigna del Signore, affrontando la non lieve difficoltà di dare inizio agli studi ginnasiali e di ritrovarsi tra i banchi di scuola con studenti più piccoli di lui. Nel 1927 lasciò per un breve periodo l'abito talare per indossare la divisa militare per il servizio di leva a Chieti. Tornò a Bisceglie nel 1928, mentre nel 1930 passava al Pontificio Seminario Regionale di molfetta per gli studi liceali e teologici. Con l'ordinazione sacerdotale avvenuta nella Cattedrale di Barletta il 25 luglio 1927, Don Caputo diede inizio al suo fecondo Ministero nella perenne funzione di viceparroco svolta in diverse parrocchie della città. Il Servo di Dio nell'arco degli anni 1940 1974, per oltre venticinque anni in due riprese espletò l'umile missione di viceparroco nella chiesa prepositurale di San Giacomo Maggiore, che fu terra privilegiata del suo apostolato. Lì, infatti, scoprì la sua vocazione primaria di "coltivatore di gigli". Lungo la sua esistenza terrena non ambì mai al raggiungimento di alte cariche; da uomo di Dio qual'era ebbe come unica aspirazione quella di "spendersi per l'avvento del Regno di Cristo fino agli estremi confini della terra". Realizzo questa ardua prospettiva "missionaria" suscitando una decina di vocazioni sacerdotali e circa duecento vocazioni femminili, viste come il prolungamento del suo apostolato, tutto orientato alla "conquista delle anime" La sua umiltà e vocazione apostolica scaturì anche da una sua ultima frase prima di morire Don Caputo disse "Mi seppelerete sotto terra tra la gente, perchè anche dopo morto voglio restare sacerdote del popolo. Il 21 settembre 1990 fu effettuata la prima esumazione e i suoi resti mortali furono collocati presso la Cappella del Capìtolo Cattedrale, presso il cimitero di Barletta. (attualmente presso la parrocchia San Giacomo Maggiore in Barletta)

A CURA DI FERDINANDO

IMMAGINE TRATTA DA: www.dioeifratelli.it

venerdì 5 novembre 2010

In Vaticano sono state aperte le casse della documentazione della Causa di beatificazione di don Caputo




Il 7 marzo scorso, a Roma, presso la Cancelleria della Congregazione delle Cause dei Santi, si è proceduto all'apertura delle casse contenenti le due copie dei documenti dell'Inchiesta Diocesana della Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio don Ruggero Caputo, conclusasi nella Cattedrale di Barletta il 25 luglio 2007. Per l'occasione era giunta in Vaticano una rappresentanza di barlettani accompagnati dal Postulatore Diocesano don Sabino Lattanzio, presente Sua Ecc. mons. Francesco Monterisi, uno dei testimoni “de visu” più rappresentativi al Processo canonico di don Caputo.
Nel presentare agli addetti del Dicastero Vaticano il prezioso materiale raccolto in Diocesi che attesta la santità del sunnominato Servo di Dio, mons. Francesco Monterisi ha ricordato la grandezza del nostro santo sacerdote barlettano, formulando l'augurio affinché la fase Romana della Causa si svolga speditamente per avere la gioia di vederlo quanto prima elevato agli onori degli altari. Per questo ulteriore passaggio è stato necessario nominare un postulatore residente a Roma che seguisse, passo dopo passo, le ulteriori fasi del Processo che avrà come prossima tappa il riconoscimento delle virtù eroiche di don Ruggero. Nel nostro caso, mons. Giovan
Battista Pichierri, arcivescovo di Trani-Barletta- Bisceglie, ha designato la dott.ssa Silvia Monica Correale “affinché possa agire in mio nome presso la Congregazione delle Cause dei Santi, nonché presso tutti i Giudici ecclesiastici per ciò che riguarda detta causa”. A sua volta la dott.ssa Correale ha nominato come vicepostulatore don Sabino Lattanzio, valido collaboratore nell'immane fatica che resta ancora da compiere in vista della stesura della Positio. Auguriamo, pertanto, al Postulatore e al Vicepostulatore un proficuo lavoro per la gloria di Dio, mirabile in tutti i suoi santi, e per l'edificazione dei fedeli.

padre Gianni Dimiccoli, S.C.J.


TESTO E IMMAGINE TRATTI DA: www.dioeifratelli.it

Il mistero del santo Natale così come era vissuto dal servo di Dio don Ruggero Caputo


Il servo di Dio don Ruggero Caputo amava grandemente il mistero del santo Natale, del Figlio di Dio disceso sulla terra e fattosi uomo per salvare l’umanità intera. Nel tempo natalizio era solito allestire in casa un Presepio originale, formato da una grande grotta con dentro i componenti della Santa Famiglia. Dinanzi a Gesù bambino amava porre una folta schiera di angeli, “perché - diceva - furono i primi ad accorrere e a circondare la mangiatoia di Betlemme per lodare e adorare il Signore e i primi a diffondere lo straordinario annuncio del Natale del Salvatore”. Accanto ad essi c’erano tantissime pecore, senza alcun altro personaggio: “Le pecore siete voi - riferendosi ai suoi figli e alle sue figlie spirituali -. Vi ho messi tutti vicino a Gesù e ogni giorno vi raccomando a Lui, uno per uno, affinché vi tenga stretti a Lui. Voi fate parte delle preoccupazioni, dei pensieri di questo povero piccolo prete di Gesù. E siete la parte mia, anzi, dopo Gesù, siete appunto la porzione più cara della mia eredità in Cristo. Tante volte dico a Gesù quelle parole del Vangelo: ‘Redde quod debes’, cioè: dammi ciò che mi spetta!; dammi la santificazione di tutti i miei figli spirituali”.
Per comprendere la profondità interiore di quest’uomo di Dio riportiamo di seguito una meditazione da lui scritta per il santo Natale 1978, affinché anche noi possiamo entrare nel “grande mistero” che ci accingiamo a contemplare in questo sacro tempo liturgico.

La profondità insondabile del Mistero del Verbo di Dio fatto Uomo:

“Medius autem vestrum stetit Quem vos nescitis” (In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete)
Mio Dio, abbi pietà della mia cecità, dammi luce, fa che io povero, miserabilissimo peccatore comprenda in qualche modo il grande, immenso Mistero del Tuo sposalizio con la nostra umanità. Tu Principio e Termine di ogni cosa, Tu l’Unigenito del Padre, Tu l’Eterno, l’Onnipotente, Ti sei rivestito della nostra fragilità, sei venuto ad essere povero, mite, umile, crocifisso. Sei venuto a soffrire perché io potessi partecipare della gioia e del gaudio del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
1) Gesù, mio bello e dolce Gesù Bambinello, Ti contemplo su questa paglia insieme alla Madonna, a Giuseppe, agli Angeli della grotta. Che cosa posso, io povero cieco, contemplare dinanzi alla vastità del cielo in cui si contano anche miliardi di anni luce di stelle lontane, come pure dinanzi a così incommensurabile Mistero? Se l’uomo dinanzi alla vastità e profondità dei mari, dinanzi alle alte vette dei monti, resta muto, attonito a contemplare così stupende meraviglie... quanto più dinanzi a questo Mistero più vasto dei cieli, più profondo degli abissi, più alto delle alte vette resta muto ed attonito, confuso a contemplare quel dolce, amabile Bimbo che è il Creatore di tutte le cose, Figlio di Dio, l’Eterno, l’Onnipotente che si è fatto così piccolo e debole! Gli Angeli hanno cantato sulla grotta il loro canto di Gloria a Dio e di pace agli uomini di buona volontà, però sono rimasti ammirati, confusi dinanzi al loro Creatore fattosi così piccolo per amore dell’uomo. Anche la Madonna, S. Giuseppe sono muti, meravigliati, estasiati e tutti silenziosamente assorbiti nella contemplazione del Verbo di Dio fattosi Figlio di Maria che ha voluto come primo giaciglio la dura paglia e come dimora la povera fredda grotta. Mio Dio, mio Dio, quanto sei meraviglioso e come ci hai amato, come vorrei che il Tuo amore tutto mi prenda e mi assorba. O Maria, Mamma Immacolata di Gesù e Mamma mia, ammettimi con Te a contemplare Gesù, Figlio Tuo e fratello mio.
2) Adorare, insieme alla Madonna e S. Giuseppe, il Verbo di Dio “qui exinanivit semetipsum formam servi accipiens” (che spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo).
Dal profondo abisso della mia nullità e dei miei peccati, con la faccia per terra, Ti adoro, o Maestà Infinita, o Bellezza Infinita, o Potenza Infinita che Ti sei così abbassata per me. E ancora più abbassata, annientata nel Mistero del SS. Sacramento. Come vorrei, mio Dio, col mio amore ripagarti di tanto tuo soffrire e umiliarti per amor mio. Ti sei così tanto abbassato perché io fossi innalzato alla immensa e meravigliosa altezza di figlio di Dio e fratello Tuo. Quanto dovrebbe disgustarmi la mia superbia e la mia indolenza dinanzi al mio Dio così umiliato!...
3) Riparare: l’incomprensione degli uomini che non si curano per niente di conoscere, amare questo Dio d’infinito Amore. Oggi specialmente come una epidemia infetta il cuore di tanta parte dell’umanità di ateismo e di rifiuto di Dio e di ogni valore spirituale e della dignità dell’uomo.
4) Entrare: nel vivo, nella vita di questo Mistero, che è tutto di donazione e di offerta, come hanno fatto i santi sulle tracce del Verbo Incarnato. E’ un Mistero di totale offerta: e tu sei tutto di Gesù? Vedi quante bestioline velenose delle tue passioni ti ingombrano il cuore e la mente? Che aspetti? “Nescit tarda molimina Spiritus Sancti gratia” (La grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze).
Amen. Viva Gesù.


TESTO E IMMAGINE TRATTI DA: www.dioeifratelli.it

Consegnati in Vaticano gli Atti della Causa di canonizzazione di don Caputo


È ormai a tutti noto che il 25 luglio scorso è stata chiusa la fase diocesana della causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio don Ruggero M. Caputo, figlio spirituale di mons. Dimiccoli. In quella circostanza la Cattedrale di Barletta ha assistito a una numerosa partecipazione di sacerdoti, di religiose e di figli e figlie spirituali del Servo di Dio, nonché di un cospicuo numero di cittadini. Nel breve lasso di tempo di un anno di intenso lavoro sono state celebrate novantasei sessioni durante le quali i membri del Tribunale, i sacerdoti don Filippo Salvo, don Vincenzo Misuriello e la sig.ra Grazia Doronzo, appositamente designati dall’Ordinario, sono stati impegnati ad ascoltare ottantacinque testimoni (di cui cinque Presuli), quasi tutti “de visu”, che hanno deposto sulla vita santa di don Ruggero. Il Tribunale, validamente coadiuvato dal Postulatore della Causa, il canonico don Sabino Amedeo Lattanzio, unitamente ai membri della Commissione Storica, composta da mons. Giuseppe Asciano, don Vito Carpentiere e don Giovanni Cafagna, ha anche raccolto e classificato gli scritti e i documenti del Servo di Dio. Nel frattempo madre Anna Maria Cànopi, abbadessa dell’Abbazia Benedettina “Mater Ecclesiæ” dell’Isola San Giulio (No), padre Francesco Neri, ministro provinciale OFM Cap. di Bari, e don Giuseppe Tupputi, professore di Teologia Dogmatica presso il Seminario Interdiocesano di Potenza e nell’I.SS.R. dell’arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, nominati Teologi censori dall’ordinario diocesano, mons. Pichierri, hanno espresso il loro giudizio circa l’ortodossia degli scritti dello stesso Servo di Dio. Tutta la documentazione raccolta durante l’Inchiesta Diocesana, sia in originale che nelle altre due copie o transunti, scrupolosamente autenticate dal Notaio, è stata depositata in tre casse distinte, chiuse e sigillate.
In data 17 agosto i due Transunti sono stati tradotti a Roma dal Postulatore don Lattanzio, presso la Cancelleria della Congregazione delle Cause dei Santi e recepiti da mons. Marcello Bartolucci, sottosegretario della medesima Congregazione. Al momento della consegna era presente anche il redentorista barlettano padre Vito Lombardi. Dopo questo ulteriore e importante passaggio, la nostra Chiesa diocesana attenderà dal Dicastero Vaticano il decreto della validità giuridica dell’Inchiesta. Sulla base di questi Atti, riconosciuti “validi”, verrà poi preparata la cosiddetta Positio, cioè il dossier che deve dimostrare definitivamente l’eroicità della vita e delle virtù, nonché la fama di santità di don Ruggero Caputo. A Positio conclusa e consegnata, succederanno essenzialmente due sessioni di esame: il Congresso peculiare dei consultori teologi e la Congregazione ordinaria dei Cardinali e dei Vescovi. Quindi il Santo Padre, in una speciale udienza concessa al Cardinale Prefetto della stessa Congregazione, interverrà per ratificare quanto presentatogli a riguardo del Servo di Dio, che, da quel momento, assumerà il titolo di Venerabile. Un “segno dall’Alto”, cioè un miracolo, accorcerà i tempi, facendoci vedere quanto prima don Ruggero Caputo agli onori degli Altari. Per questo è necessario da parte di tutti noi intensificare la nostra preghiera, far conoscere il Servo di Dio a più persone possibili e farlo pregare. Intanto tutti siamo convinti che il suo primo “miracolo” sia stato la sua vita santa.

S.L.


TESTO E IMMAGINE TRATTI DA: www.dioeifratelli.it

Il 25 luglio 2007 si è conclusa nella cattedrale di Barletta l’Inchiesta diocesana per la causa di beatificazione del Servo di Dio DON RUGGERO MARIA C


Il 25 luglio, appena trascorso, nella Basilica Cattedrale di Santa Maria Maggiore, a Barletta, dopo la Celebrazione dei Vespri solenni dell’apostolo Giacomo, si è svolta la sessione di chiusura dell’Inchiesta Diocesana sulla vita, le virtù e la fama di santità del Servo di Dio don Ruggero Caputo (1907-1980).
L’Inchiesta Diocesana per la sua beatificazione e canonizzazione è stata avviata il 1° maggio 2006, in seguito alle pressanti sollecitazioni del popolo di Dio, del clero diocesano e delle numerosissime religiose e fedeli laici, figlie e figli spirituali del Servo di Dio, il quale già quand’era in vita godeva di fama di santità.
Durante le novantasei sessioni processuali celebrate nell’arco di poco più di un anno, il lavoro, come si può ben dedurre, è stato veramente immane perché si è trattato di ascoltare pazientemente e con scrupolosità ottantacinque testimoni presenti nel territorio o raggiunti, qualora questi avevano residenza fuori Barletta. Si è trattato, inoltre, di rintracciare e reperire dai più svariati archivi la numerosissima documentazione inerente al Servo di Dio.
Conclusasi l’Inchiesta diocesana i relativi Atti sigillati (il cosiddetto Transunto) saranno portati a Roma presso la Cancelleria della Congregazione delle Cause dei Santi, affinché il Processo continui secondo le fasi stabilite dalle norme canoniche, mentre gli Atti originali, ugualmente sigillati, saranno custoditi presso l’Archivio della Curia arcivescovile di Barletta.
Questo avvenimento solenne si è svolto nello stesso giorno e nello stesso luogo in cui settant’anni fa il giovane don Caputo, insieme ad altri tre amici della stessa città, veniva ordinato sacerdote per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria dell’arcivescovo mons. Giuseppe Maria Leo (altri due concittadini furono ordinati nell’autunno dello stesso anno). Il giorno seguente celebrava la prima Messa Solenne nella Basilica di San Domenico, dove pronunciò il discorso di occasione il suo direttore spirituale, il servo di Dio don Angelo Raffaele Dimiccoli.
Il programma del novello sacerdote lo troviamo fissato sul ricordino distribuito per quella circostanza. Si tratta dello stesso che Gesù proclamò nella sinagoga di Nazareth all’inizio del ministero pubblico: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha mandato a sanare i contriti di cuore” (cfr Lc 4, 18).
Nell’Enciclica Deus caritas est il Santo Padre Benedetto XVI afferma che i santi “sono i veri portatori di luce all’interno della storia, perché sono uomini e donne di fede, di speranza e di amore”.
Questa nuova tappa di don Caputo verso gli altari servirà a scoprire in tutta la sua ricchezza la figura umana, cristiana e sacerdotale di questo umile e appassionato discepolo di Cristo, provocando in noi una ulteriore sollecitazione affinché, prendendolo come modello di vita evangelica, seguiamo con altrettanto slancio il comune Maestro, nostra via, verità e vita.

Don Sabino Lattanzio
Postulato


TESTO E FOTO TRATTA DA: www.dioeifratelli.it

25 luglio 2007 Chiusura della fase diocesana della Causa di Canonizzazione di don Ruggero Caputo

“Magister, volumus ut quodcumque petierimus a te facias nobis” (Mc 10, 35), “Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiediamo”: figli di Zebedeo sono ancora tra noi. Continuiamo a voler insegnare a Dio come debba fare il suo lavoro divino. Non abbiamo imparato da chi ha detto: “… sed non quod ego volo, sed quod tu” (Mc 14,36), “Non quello che voglio, ma quello che vuoi tu”. E qual è la volontà del Padre?
“Estose ergo vos perfecti, sicut Pater vester caelestis perfectus est” (Mt 5, 48), “Siate dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.
Il testo greco adopera il termine éseste; direbbero gli esegeti: medio indicativo futuro, da considerare come un imperativo categorico, un’esortazione impellente, un dovere da adempiere. Un appello da prendere decisamente sul serio.
“ Signore, fa’ che io comprenda e ami e scelga e viva con la Tua grazia ciò che è essenziale”. L’esempio dei Santi possa incoraggiarmi.
Caro don Ruggero, umile prete della mia giovinezza, padre spirituale e guida dei miei primi passi nella sequela Christi, ispiratore della mia vocazione al sacerdozio e di tante sorelle per la vita di speciale consacrazione, servo della volontà di Dio, innamorato della croce di Cristo che hai accettato per amore della Chiesa, alla quale ti sei donato pretendendo l’ultimo posto… continua a suggerire, come hai tante volte fatto nel tuo ministero su questa terra, la via per la santità.
Quante volte ce lo hai proposto nelle confessioni, nella direzione spirituale e nella predicazione. Ce lo ripetevi sempre anche quando, litigando con il microfono dei primi rudimentali sistemi di amplificazione, le parole si accavallavano e dovevamo prestare un’attenzione maggiore. Amavi ripetercelo spesso in un gradevole dialetto che ti rendeva così vicino alle anime e ti permetteva di esemplificare, di essere concreto e convincente. Preferivi uno stile dimesso, rispettoso e sapevi ascoltare: non eri sbrigativo e frettoloso. Solo le tue ginocchia conoscevano il tuo segreto: davanti a Gesù Sacramentato e per tanto tempo. Avrai confidato solo all’Amore della tua vita le tue sofferenze, di un viceparroco a vita. Quando si inventavano le parrocchie per vere o presunte esigenze spirituali e per un molto concreto supplemento di congrua, tu hai continuato ad essere sempre nel posto che il Signore ti ha assegnato: nel ministero della confessione e in ginocchio davanti al SS.mo Sacramento. Non ti ho mai sentito proferire un cenno di protesta o una pur comprensibile rivendicazione.
Hai solo desiderato dimostrare con la tua vita: “Gustate et videte quoniam suavis est Dominus” (Sal 34 (33), 9), “Gustate e vedete com’è buono il Signore”. Ci hai voluto insegnare a conoscere, amare, servire, imitare Gesù.
“Nihil volitum quin praecognitum”, “Non si può volere ciò che non si conosce e non si ama”.
Grazie, don Ruggero.
E invoco la misericordia di Dio perchè sia riconosciuto in terra che sei in Paradiso. Tu lo avevi tanto desiderato.
Prego perché il Signore permetta la tua canonizzazione e incoraggi ognuno di noi ad essere immagine viva del suo amore.

Cari fratelli e sorelle,
che, leggendo, siete arrivati fin qui; comprenderete l’affetto umano e la gratitudine sincera e la santa ambizione di dire: “Cur et non ego?”, e perché io no? Anche noi dobbiamo tendere alla santità nella normalità. Per noi Materia Sanctitatis è la vita quotidiana.
Questo insegnava don Ruggero: cercare la santità nei doveri di ogni giorno, ma coltivando una vita di orazione. Ci ha insegnato a fare la meditazione, quotidianamente, con assidua fedeltà, ma non nell’anonimato bensì rivolgendoci a Gesù in un dialogo d’amore, a tu per tu, più spesso tacendo noi per ascoltare Lui che tacitando Lui perché ascolti il nostro vuoto chiacchierio. Ci ha chiesto di andare a Messa, ogni giorno, e di fare sempre la Comunione. Qualche volta ci ammetteva alla Comunione Eucaristica al di fuori della Messa perché non perdessimo questo dono: ricevere Gesù nel Santissimo Sacramento. Amava celebrare ogni sera la Funzione, cioè la visita a Gesù Sacramentato e la Benedizione Eucaristica in forma semplice. Per il vero, fu poi permessa la celebrazione serale della S. Messa, ma a don Ruggero in un primo momento, non fu consentito.
La strada della santità è lastricata da tante piccole e grandi mortificazioni. Desiderava che recitassimo il S. Rosario. Ci insegnò tante giaculatorie: sono quei messaggi brevissimi spirituali, magari per pochi minuti, e a sera, sempre, l’esame di coscienza. E la cura degli ammalati e l’amore per la Liturgia, la cura dei bambini e dei ragazzi, soprattutto dei chierichetti…
Era di Cristo un’immagine viva: un Alter Christus. Ma questo accade quando si vive in una profonda unione con Lui: “Qui manet in me, et ego in eo, hic fert fructum multum”(Gv 15, 5), “Chi rimane in me, ed io in lui, fa molto frutto”. Non bisogna dimenticare mai, e questa è la grande lezione spirituale dell’umile don Ruggero: “Manete in me” (Gv 15, 4), “Rimanete in me”. La vita interiore è l’anima di ogni apostolato.
Quanto più grande e profonda sarà la nostra intimità con Gesù, tanto più abbondante il frutto spirituale del nostro apostolato. Attenzione: frutto, non successo. Questa è un’altra cosa. Ma può molto più un uomo di vita interiore abitata dall’amore di Dio, che il nostro saper fare, la simpatia che suscitiamo, le capacità organizzative, i mezzi materiali…

Quindi, nel celebrare il

70° anniversario
dell’Ordinazione Sacerdotale
del Servo di Dio
DON RUGGERO CAPUTO
avvenuta il 25 luglio 1937 nella
Basilica Concattedrale
di S. Maria Maggiore di Barletta,
per le mani di Mons. Giuseppe Maria Leo
alle ore 20.00 del 25 luglio 2007 p. v.,
nella stessa Basilica,
nella Celebrazione Solenne dei Vespri
dell’Apostolo Giacomo il Maggiore
presieduta da Mons. Giovan Battista Pichierri
nostro Arcivescovo,
si darà conclusione alla fase diocesana
della Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio.


26 luglio 1937: Don Ruggero Caputo nel giorno della Prima Messa Solenne, circondato dai genitori e da Emanuella, sorella maggiore


A tutti voi, confratelli nel sacerdozio,
il mio saluto affettuoso e la richiesta dell’elemosina di una preghiera. E il dono di un reciproco incoraggiamento ad essere nella Chiesa testimoni di Gesù e annunciatori di quella speranza cristiana che è Virtù Teologale, quindi infusa da Dio nell’anima, ma è anche dote personale, frutto di maturità umana e di sano ottimismo. Pieni di zelo apostolico. Capaci di amare senza misura: Dio e gli altri. Guai se un sacerdote è tiepido. Ha detto un confratello: “Un sacerdote tiepido è il peggior nemico delle anime”. Ma non bisogna nemmeno essere angosciati dal troppo da fare. Don Ruggero ha insegnato e testimoniato con la sua vita. A Gesù dobbiamo portare le anime. Ma “la nostra testimonianza sarebbe, tuttavia, insopportabilmente povera, se noi per primi non fossimo contemplatori del Suo volto” (NMI, 16), se noi non fossimo testimoni di Gesù. Non siamo forse Alter Christus o, addirittura, Ipse Christus? Lui deve essere vivo e presente in noi.
Noi siamo presenza di Cristo, Cristo stesso. Come Lui è immagine del Padre, noi siamo Sua immagine. Dobbiamo parlare con la Sua bocca, guardare con i Suoi occhi, benedire con le Sue mani, amare con il Suo cuore… Essere consapevoli che il bene soprannaturale di un’anima vale di più di tutto il bene naturale dell’universo. Ho letto da S. Tommaso: “Bonum unius gratia maius est quam bonum naturae totius Universi”, “Il bene di uno è grazia maggiore del bene di natura di tutto l’Universo”. Possiamo solo se frequentiamo abitualmente Gesù: “Ego sum vitis vera et Pater meus agricola est” (Gv 15,1), “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo” che deve potare. Ed è giusto che lo faccia perché si porti più frutto. Accettiamo la purificazione della nostra persona, di tutto il nostro essere. Come i Santi ci hanno insegnato, è bene accettare la grazia della potatura.
Come don Ruggero, amiamo sempre la Chiesa, e il presbiterio, e il popolo di Dio… Mostriamo docilità verso i superiori in un’obbedienza sincera e leale… Liberi da ogni esteriorità… Pronti a servire, dall’ultimo posto, il nostro preferito.
Non dimentichiamo Gesù che nell’Ultima Cena lava i piedi dei suoi discepoli. é un gesto che modella tutta la nostra vita. Non spiega prima ciò che doveva fare; ma è tipico di Gesù: prima agisce, poi spiega. Devono parlare i fatti. Dobbiamo testimoniare con la vita. E lava i piedi anche a Giuda, nonostante… E poi spiega: “Exemplum enim dedi vobis…” (Gv 13,15), “Vi ho dato infatti l’esempio perché facciate anche voi quello che ho fatto io”.
Devo ricordare le parole di Gesù che nello stesso contesto, “con il cuore in mano”, secondo una nostra espressione popolare, aggiungerà:‘“Da questo momento tutti sapranno che siete i miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35).
Ecco ciò che il Signore ci chiede: “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione” (NMI n. 43).

8 dicembre 2006
Solennità dell’Immacolata Concezione

Mons. Giuseppe Paolillo
vicario episcopale


TESTO E IMMAGINE TRATTI DA: www.dioeifratelli.it

immagine: 26 luglio 1937: Don Ruggero Caputo nel giorno della Prima Messa Solenne, circondato dai genitori e da Emanuella, sorella maggiore

5 luglio 2006: inaugurazione di una via di Barletta al Servo di Dio Don Ruggero Caputo




IMMAGINE TRATTA DA: www.dioeifratelli.it

DON CAPUTO PANE SPEZZATO CON CRISTO.




IMMAGINE TRATTA DA www.dioeifratelli.it

per richiedere questa pubblicazione rivolgersi a:
Ufficio Postulazione Curia Arcivescovile
Via Nazareth, 68 - 70051 Barletta
fax 0883.531274

EDITO.





TRATTO DA: www.dioeifratelli.it

Apertura dell’inchiesta diocesana per la causa di beatificazione del Servo di Dio Don Ruggero Caputo espressione della bellezza di essere cristiani


Nel discorso ai partecipanti al Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma, il 7 giugno scorso il Santo Padre Benedetto XVI ha affermato: “Scoprire la bellezza e la gioia della fede è un cammino che ogni nuova generazione deve percorrere in proprio, perché nella fede viene messo in gioco quanto abbiamo di più nostro e di più intimo, il nostro cuore, la nostra intelligenza, la nostra libertà, in un rapporto profondamente personale con il Signore che opera dentro di noi… La fonte della gioia cristiana è questa certezza di essere amati da Dio, amati personalmente dal nostro Creatore… con un amore appassionato e fedele, un amore più grande delle nostre infedeltà e peccati, un amore che perdona”.
Questa scoperta della bellezza e della gioia del credere, del rapporto personale con il Signore e della gioia di essere chiamati e amati da Lui, esplicitati dal Santo Padre, fu al centro della spiritualità del Servo di Dio don Ruggero Caputo di Barletta, deceduto il 15 giugno 1980, all’età di settantatre anni, con alle spalle quarantatre di sacerdozio, fecondi di circa duecento vocazioni femminili alla vita religiosa e di dieci vocazioni sacerdotali. La sua fu una vita vissuta come dono ricevuto da Dio e contraccambiato con altrettanta generosità.
Il 1° maggio scorso mons. Giovan Battista Pichierri, arcivescovo di Trani - Barletta - Bisceglie, presente S.E. mons. Francesco Monterisi, ha aperto le celebrazioni centenarie di don Ruggero Caputo (nato il 1° maggio 1907) con l’introduzione della Causa di Beatificazione e Canonizzazione, esattamente a dieci anni dall’apertura della Causa di Canonizzazione del Servo di Dio don Raffaele Dimiccoli, direttore spirituale dello stesso don Caputo. Nella serata dello stesso giorno, in occasione del tradizionale arrivo dal Santuario campestre alla Cattedrale dell’Icona della Madonna dello Sterpeto, patrona di Barletta, l’arcivescovo alle porte della città alla presenza di oltre 30.000 fedeli, durante la Celebrazione Eucaristica che da l’avvio al mese dedicato a Maria Santissima, nel dare l’annuncio dell’evento legato al Servo di Dio, ha sottolineato alcuni aspetti della devozione di don Caputo a Maria. Questo momento di forte spiritualità per l’intera comunità diocesana è stato preparato da un triduo di preghiera animato da suor M. Clotilde Filannino, madre generale dalla suore terziarie francescane della Beata Angelina, anch’essa barlettana e figlia spirituale di don Caputo. Attingendo ai suoi ricordi personali e dopo un approfondito studio sugli scritti di don Ruggero, durante quei giorni di grazia Madre Clotilde ha messo in risalto la bellezza e la gioia di don Ruggero Caputo, derivante dall’essere cristiano e sacerdote; gioia contagiosa capace di generare tante giovani vocazioni alla vita religiosa contemplativa, attiva e sacerdotale. Un altro aspetto evidenziato è stato l’amore appassionato a Gesù Eucaristia, fulcro della sua spiritualità, e la sua straordinaria umanità, manifestazione della paternità e maternità di Dio, che attirava a sé centinaia di giovani che si ponevano sotto la sua guida spirituale, al di là della scelta vocazionale.
Non poteva essere scelto un giorno migliore, un mese più adatto e una circostanza più opportuna per aprire la Causa di Canonizzazione di un uomo che, sull’esempio di Maria, si è fatto offerta viva e sacrificio gradito a Dio.
Per don Ruggero la Vergine Maria fu sempre il modello del discepolo che porta Gesù ai fratelli. Egli era solito dire: Voglio amare Gesù come lo amava Maria e voglio portarlo agli altri con lo stesso slancio con cui Lei lo portò alla cugina Elisabetta”. Questa voglia di amare Gesù e di portarlo e annunciarlo agli altri è stata recentemente caldeggiata dal Santo Padre Benedetto XVI nel già citato discorso ai partecipanti al Convegno Ecclesiale della diocesi di Roma, quando ha esortato tutti ad “Essere assidui nella preghiera, spiritualmente uniti a Maria nostra Madre, adorare Cristo vivo nell’Eucaristia, innamorarvi sempre di Lui, che è il nostro fratello e vero amico, lo sposo della Chiesa, il Dio fedele e misericordioso che ci ha amati per primo… Nella misura in cui ci nutriamo di Cristo e siamo innamorati di Lui, avvertiamo anche dentro di noi lo stimolo a portare gli altri verso di Lui: la gioia della fede infatti non possiamo tenerla per noi, dobbiamo trasmetterla”. L’esigenza di pregare e di adorare Cristo presente vivo e vero nell’Eucaristia e di innamorarci di Lui viene sottolineata dallo stesso don Caputo, in una lettera indirizzata ad una figlia spirituale entrata a far parte delle Suore Medee di Genova: “Tu sai che tutti i miei figli consacrati sono partiti dall’Adorazione e dall’Amore a Gesù Sacramentato. Ci siamo innamorati di Lui e Lo abbiamo seguito attingendo forza e amore dall’Adorazione… Secondo la possibilità… rifugiati sempre ai piedi del SS. Sacramento e vai lì con tutto il corredo della tua povertà spirituale e secondo tutti i bisogni dell’anima tua. Prega, prega, solo pregando potrai vivere la tua bella vocazione. E la tua preghiera sia universale; prega come ha pregato Gesù per tutto il mondo, per tutta l’umanità ut adveniat Regnum Domini Nostri Jesu Christi in universo mundo”.
In un mondo demotivato, lacerato da discordie, da guerre e da episodi di violenze, testimoniare Cristo Gesù, amante della vita, attraverso l’esempio di coloro che hanno saputo vivere la gioia dell’intimità divina, è per tutti noi, e soprattutto per le nuove generazioni, motivo di edificazione e di incoraggiamento nella certezza che il Signore ci ama per quelli che siamo, al di là del nostro limite umano. Di questo il Servo di Dio don Ruggero Caputo ne era profondamente convinto: “Gesù è la via ed è il termine. E questa via è confidenza, amore. Se sei povero, Gesù è la tua ricchezza e Gesù ama la tua povertà per comunicarti la sua ricchezza di misericordia, di amore. Gesù non è timore, non è paura, non è sfiducia. Gesù è pace, è amore, è amico. Sta sempre con le braccia aperte per stringerti al Suo Cuore”.

Padre Vito Lombardi

TESTO E IMMAGINE TRATTI DA:www.dioeifratelli.it

PREGHIERA.


Santissima Trinità
noi ti lodiamo e ti glorifichiamo
per il dono del tuo servo fedele,
umile e obbediente,
don Ruggero Caputo
innamorato di Gesù Eucaristia e dell'Immacolata,
il quale visse spendendosi tutto
per la tua gloria e per le anime
che dirigeva secondo la Tua volontà,
suscitando una schiera di chiamati
al sacerdozio e alla vita consacrata.
Ti supplichiamo di concedere
alla Chiesa di Trani-Barletta-Bisceglie

la sua glorificazione in terra
perché, attraverso la sua conoscenza,
risplendano le meraviglie che hai compiuto in lui;
e tanti altri, attratti dalla sua luminosa testimonianza,
possano seguirti con generosità ed amore.
Per i suoi meriti ti chiediamo
la grazia particolare...,
perché anche noi seguiamo Gesù Cristo
ad imitazione del suo zelo missionario. Amen.
Gloria al Padre…


TESTO E IMMAGINE TRATTI DA: www.dioeifratelli.it

PREGHIERA.


Il Servo di Dio Don Ruggero Caputo, naque a Barletta il 1° maggio 1907. Si pose sotto la guida del Servo di Dio don Raffaele Dimiccoli e a 19 anni, rispondendo all’appello del Signore che lo voleva tutto per Sè, entrò in Seminario. Il 25 luglio 1937 fu ordinato sacerdote dando inizio alla sua umile, sofferta e feconda missione di viceparroco. Fu saggio direttore di spirito per ogni scelta di vita. Attraverso il suo zelo sacerdotale sono scaturite circa duecento vocazioni religiose femminili e una decina di sacerdoti.
Morì in concetto di santità il 15 giugno 1980.
Dal 25 luglio 2003 riposa presso la chiesa parrocchiale di San Giacomo Maggiore in Barletta. Il 25 luglio 2007 è stata conclusa la Causa di Beatificazione

O Padre, che esalti gli umili e svuoti le mani
dei superbi, Ti ringraziamo perché hai suscitato
in mezzo al tuo popolo il sacerdote Ruggero
Caputo, instancabile adoratore dell’Eucaristia,
formatore di coscienze e promotore di nuove
vocazioni. Fa’ che, memori del suo esempio,
anche noi sappiamo seguirTi in santità di vita
e con volontà rinnovata. Amen.
Gloria al Padre…

TESTO E IMMAGINE TRATTI DA: www.dioeifratelli.it

DON RAFFAELE DIMICCOLI E DON CAPUTO.


Il Servo di Dio don Raffaele Dimiccoli e don Ruggero Caputo:
sullo stesso percorso di santità

Il 25 luglio 2003 la Chiesa di Dio che è in Barletta ha vissuto un avvenimento memorabile: la Tumulazione privilegiata delle spoglie di un suo figlio prediletto, il sacerdote don Ruggero Caputo, “apostolo dell’Eucaristia e delle vocazioni”, presso la Prepositura Curata San Giacomo Maggiore.
Ogni vocazione è come una tenera pianticella, che ha bisogno dell’agricoltore che la curi, la innaffi, la segua; questo agricoltore è il sacerdote. Nell’esperienza vocazionale di Ruggero Caputo la guida illuminata è stata il Servo di Dio don Angelo Raffaele Dimiccoli (1887-1956), amico e guida di tantissimi giovani.
Nell’esaminare la vita sacerdotale di don Ruggero e del Servo di Dio don Dimiccoli, pensiamo di non sbagliare se diciamo di trovare delle similitudini che ci obbligano a definire don Caputo “l’Alter Ego del Servo di Dio”. Don Raffaele iniziò il suo sacerdozio nel 1911 in mezzo ai bambini e nel 1924 fondò il “Nuovo Oratorio San Filippo Neri per la Redenzione dell’infanzia abbandonata”. Don Ruggero, attratto dallo stesso ideale apostolico, subito dopo l’ordinazione sacerdotale, avvenuta il 25 luglio 1937, così scrisse al suo Arcivescovo: “Ho sempre sognato una parrocchia con molti bambini, giovani e peccatori da condurre a Gesù a tutti i costi. Intorno a me veggo che il campo del Signore è devastato da mille predoni e le anime si perdono”.
Il Servo di Dio fondò il suo Oratorio in una zona più reietta della città, dove regnava la legge del più forte a suon di coltelli, che più volte misero a repentaglio la sua stessa vita. Dalle rimostranze del genitore a riguardarsi, don Raffaele rispondeva: “Papà, non aver paura, la Madonna mi assiste e mi aiuterà”. Anche don Caputo conobbe minacce da parte di parenti di giovani che, sotto la sua direzione, spiccavano il volo per Conventi e Monasteri, perché attratti dalla chiamata del Signore. Ed è proprio qui che rifulge maggiormente la loro similitudine: “nel condurre le anime a Gesù a tutti i costi”. L’esca usata dai due sacerdoti per attirare tanta gioventù al Signore fu l’esercizio costante del sacramento della Penitenza e della direzione spirituale. Quest’opera silenziosa portò ad ambedue abbondanti frutti spirituali. Per don Raffaele si contano 40 tra sacerdoti diocesani e religiosi e circa 60 suore; per don Ruggero una decina di sacerdoti e circa 200 anime consacrate.
Fin da seminarista don Ruggero sostava lunghe ore in ginocchio davanti al SS. Sacramento, tanto che don Raffaele lo richiamava perché non si stancasse. Da chi aveva appreso questo trasporto verso l’Eucaristia? Certamente dal suo maestro. Il Servo di Dio don Dimiccoli, infatti, nei momenti liberi si ritirava nel retro dell’altare maggiore e ivi genuflesso sul nudo inginocchiatoio parlava al suo Gesù dell’Oratorio e dei suoi figli spirituali. Don Ruggero, affermano i fedeli, quando non era reperibile al confessionale, si era sicuri di trovarlo dinanzi al Santissimo. Egli diceva: “Bisogna fare i calli alle ginocchia, nello stare ai piedi di Gesù”.
Con l’Ordinazione sacerdotale, don Ruggero Caputo iniziò il suo ministero di “eterno viceparroco”. Una delle prime destinazioni parrocchiali fu quella di San Giacomo Maggiore; qui diede inizio al suo estenuante esodo di parrocchia in parrocchia, con la speranza da parte dei Superiori che il fenomeno che si era andato creando attorno alla sua persona, si ridimensionasse. Ma più era ostacolato più aumentava la schiera delle giovani alla sua sequela, e più don Ruggero si confermava che il Signore lo aveva chiamato ad essere “coltivatore di gigli”.
L’ultimo periodo della sua esistenza terrena fu segnato da un doloroso male incurabile che “lo uniformò alla Vittima divina, della quale si era fatto apostolo”, così come avvenne per il suo maestro don Raffaele Dimiccoli, che trascorse gli ultimi mesi della sua esistenza terrena nella sofferenza più intensa. Nel ricoverarsi in ospedale, don Raffaele disse ai suoi: “Recitate il Rosario e pregate per me, affinché la Madonna mi dia la forza di fare la volontà di Dio”. Don Ruggero, a chi gli chiedeva sue notizie, rispondeva: “Pregate per me perché abbia la forza di completare nella mia carne quello che manca ai patimenti di Gesù, per la salvezza dei fratelli”.
Prima di morire egli espresse il desiderio di essere sepolto sotto terra, “tra la gente, perché – disse – anche dopo morto voglio restare sacerdote del popolo”. A dieci anni dalla morte, avvenuta il 15 giugno 1980, fu effettuata la prima esumazione dei suoi resti mortali, collocati nella Cappella cimiteriale del Capitolo Cattedrale (21 settembre 1990). Nel gennaio del 1999 fu presentata richiesta dal clero di Barletta all’arcivescovo mons. Carmelo Cassati circa la tumulazione privilegiata del sacerdote don Caputo, così come avvenne per il Servo di Dio don Raffaele Dimiccoli.

1935: Il chierico Ruggero Caputo affianca
don Raffaele Dimiccoli Il 14 aprile dello stesso anno mons. Cassati, considerando l’amore e la stima dei sacerdoti e dei fedeli verso il loro confratello, da’ il suo placet. Ottenuta il 25 febbraio 2003 la dovuta autorizzazione anche dall’Assessorato alla Sanità della Regione Puglia, si è proceduto il 17 marzo scorso alla riesumazione e traslazione della salma dal Cimitero di Barletta al Monastero delle Benedettine Celestine di San Ruggero, dove risiedono molte figlie spirituali del suddetto santo sacerdote. Qui dall’11 al 24 luglio è stata eseguita la ricognizione canonica delle sue spoglie mortali, con la consulenza medica del dott. Ruggiero Fuccilli.
Il 25 luglio 2003, data anniversaria della sua Ordinazione Sacerdotale, la cassa sepolcrale di don Caputo è stata portata a spalle dai suoi confratelli sacerdoti verso la Prepositura Curata San Giacomo Maggiore (dove egli è stato per oltre 25 anni viceparroco), percorrendo le vie principali della Città gremite di fedeli in preghiera. Al suo passaggio da alcuni balconi, con un gesto colmo di delicatezza e commozione, sono stati lanciati petali di fiori. È stato il trionfo degli umili! È seguita la solenne Concelebrazione Eucaristica, presieduta dal presule barlettano, mons. Michele Seccia, Vescovo di San Severo.
A conclusione si è svolto il rito della “depositio” nell’antica Cappella del Santissimo, accanto all’altare della Madonna della Fiducia (luogo in cui don Ruggero amava pregare), così come don Raffaele Dimiccoli riposa in San Filippo Neri ai piedi dell’altare di Maria Regina Apostolorum.
Ora nell’animo dei figli spirituali è desiderio che si realizzi un’altra somiglianza tra il Servo di Dio e don Ruggero, cioè tra il Maestro e il suo “Discepolo prediletto”: che sia dato inizio anche per lui alla fase Diocesana per la Canonizzazione. Che ciò avvenga, se rientra nei piani di Dio!

Ruggiero M. Dicuonzo rcj


TESTO E IMMAGINE TRATTI DA: http://www.dioeifratelli.it/

DON RUGGERO CAPUTO E SANTA GEMMA GALGANI


DON RUGGERO CAPUTO E LA MISTICA GEMMA GALGANI
il coraggio di perdere la vita e ritrovarla

Il sacerdote barlettano, il servo di Dio don Ruggero Caputo (1907-1980), alla scuola del suo maestro, il servo di Dio mons. Raffaele Dimiccoli, fin dai primi anni della sua giovinezza fu fortemente attratto da santa Gemma Galgani, soprattutto dal momento in cui cominciò a maturare la vocazione al sacerdozio. Entrando in
seminario all'età di 19 anni, per tutto il periodo di formazione, oltre a leggere costantemente la biografia e gli scritti della santa Mistica lucchese, amava ricordare che “una sua immagine mi ha sempre vegliato” sulla sua scrivania, così come fissò nei suoi appunti. Molti “miracoli” della grazia che egli andò continuamente sperimentando, li attribuì volentieri all'intercessione di santa Gemma.
Nel 1937, con l'ordinazione sacerdotale, il Signore andò prospettando sempre più chiaramente a don Caputo la missione a cui lo chiamava: “apostolo della verginità consacrata”. Sotto la sua guida, infatti, maturarono oltre una decina di vocazioni sacerdotali, circa centocinquanta religiose e una cinquantina di giovani attratte alla consacrazione verginale nel mondo. A tutti propose l'esempio di vita di santa Gemma Galgani, con la quale ebbe in comune l'amore appassionato verso la Santissima Eucaristia e il Crocifisso.
Durante un soggiorno per le cure termali presso Montecatini Terme, risulta che, don Ruggero abbia raggiunto la località toscana di Lucca, spinto dal desiderio di pregare sulle spoglie mortali del suo Angelo Tutelare per affidare a lei le intenzioni personali e la perseveranza del suo “piccolo gregge”.
Don Ruggero Caputo nel portare avanti il suo apostolato di “coltivatore di gigli”, nonostante gli abbondanti frutti del suo ministero sacerdotale fossero sotto gli occhi di tutti, fu duramente provato da umiliazioni e incomprensioni. Venne snobbato con l'epiteto “u zappaturìcch”, che evidenziava le sue origini di vecchio contadino, buono - secondo i più - solo a zappare la terra.
Ma egli non si perse mai d'animo perché aveva indossato non solo i panni ma l'anima di prete, divenendo esempio di convinto assertore dell'irriducibilità del Vangelo alla mentalità mondana.
Così spese tutte le proprie energie per dissodare il terreno per l'edificazione del Regno di Dio sulla terra e per la crescita e la difesa del gregge, calcando le orme della cara Santa stigmatizzata di Lucca.
Anche lei, infatti, in vita era stata ridicolizzata tanto che le ragazzine del rione avevano come passatempo quello di andare a vedere Gemma durante le sue estasi per poterla prendere in giro. Persino la maggioranza dei lucchesi la considerava una “scemetta”.
È lo scotto che pagano coloro che vogliono seguire Gesù senza mezze misure.
Lasciato solo, come la “povera Gemma”, nel combattimento spirituale, il “povero, piccolo prete” si inabissò nella preghiera, accettando di condividere con lo Sposo Divino l'abbandono del Getsèmani, l'amarezza della condanna e la solitudine della crocifissione. Nel momento culminante della notte oscura dello spirito don Ruggero, profondamente prostrato, dal 18 al 27 agosto 1952 sosterà a Vico Equense (Na) nella casa dei Gesuiti per un corso di Esercizi Spirituali: “Mio Dio, come è triste quest'opera - scriverà nei suoi appunti - Sono schiacciato da tutti e la preghiera che più mi consola è quella che Tu facesti sulla croce per me: "Dio mio, Dio mio, perché mi ha abbandonato?". Perché io sento anche l'abbandono Tuo, mio Gesù, che tanto, oh! tanto mi pesa.
In questo tempo io sono tentato contro la pietà, contro la fede e contro l'Apostolato. [...] Oscurità sul presente e sull'avvenire; l'avvenire mi schiaccia, ho trascorso quasi due mesi disfatto sotto il peso d'uno stato quasi continuo di tristezza e di pena d'animo e il mio fisico si è accasciato maggiormente, e questo sotto l'incalzare di avvenimenti dolorosi: cacciato quasi dalla Parrocchia, cacciato io e i miei figli spirituali dalle Suore (di cui era cappellano), a me si è negato financo di pregare in cappella, le figliuole cacciate dalla Santa Messa, abbandonato dai miei superiori.
In questo patire intimo mi sono sempre ricordato dell'abbandono di Gesù nel Getsèmani”.
Anche gli ultimi mesi della sua vita furono segnati dalla prova, vivendo una dolorosa malattia nello spirito di offerta. A una figlia spirituale recatasi a fargli visita in ospedale, don Caputo disse: “Ora devo compiere la mia parte. Come dice san Paolo: "Completo nella mia carne ciò che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo Corpo che è la Chiesa”. Il suo sacrificio terreno ebbe compimento la sera del 15 giugno 1980. Da quel momento la sua testimonianza di vita è rifulsa in tutto il suo splendore, uscendo dal silenzio e dal nascondimento.
È stato necessario che don Ruggero chiudesse i suoi occhi affinché gli altri li aprissero su di lui!
Tra le tante figlie spirituali che dietro la sua guida si sono distinte nel cammino di santità, ricordiamo Mariettina Doronzo (1921- 1969). Dotata di grande carità e semplicità evangelica, con la sua dolcezza e prudenza si fece apostola tra le coetanee, divenendone sorella e guida. Di profonda vita di unione con Dio fu portatrice di pace e in qualsiasi circostanza seppe sempre elevare il tono, riconducendo tutto a Gesù. Dietro l'esempio del suo inseparabile direttore spirituale, questa umile creatura prese a modello di vita santa Gemma, offrendo tutta se stessa per la salvezza delle anime, accettando una lunga e lancinante malattia velando le atroci sofferenze dietro un celestiale sorriso, che sempre l'aveva contraddistinta.
Si preparò alla morte, vissuta come il “giorno dell'incontro con lo Sposo” e, per l'occasione, volle confezionato un abito bianco “sul modello di quello indossato da santa Gemma sul letto di morte”, desiderio espresso anche da Veronica Bizzoca (1928-1995), altra figlia spirituale del servo di Dio don Caputo, anima semplice, pura e dolce, amante della preghiera. Così don Ruggero annunciò alle sue figlie spirituali Benedettine di Alatri la morte di Mariettina Doronzo: “Morì come muoiono i santi, serena, sorridente.
Le potevo parlare di morte come se fosse uno scherzo; le chiedevo quando e il quando fu come mi aveva promesso. Queste cose mi commuovono e tante volte piango ai piedi di Gesù per i miei peccati e anche per la santificazione, la santa perseveranza di tutti i miei figli consacrati”.
Il 9 settembre 2007, durante la Concelebrazione Eucaristica presieduta nel Duomo di Santo Stefano a Vienna, il nostro amato pontefice Benedetto XVI così si espresse: “Egli (Gesù) chiama delle persone a contare esclusivamente su di Lui, a lasciare tutto il resto e ad essere totalmente a sua disposizione e così a disposizione degli altri: a creare delle oasi di amore disinteressato in un mondo, in cui tanto spesso sembrano contare solo il potere e il denaro.
Ringraziamo il Signore, perché in tutti i secoli ci ha donato uomini e donne che per amor Suo hanno lasciato tutto il resto, rendendosi segni luminosi del Suo amore! […] Queste persone con l'intera loro vita, sono diventate un'interpretazione della parola di Gesù, che in loro si rende vicina e comprensiva per noi. E preghiamo il Signore, affinché anche nel nostro tempo doni a tante persone il coraggio di lasciare tutto, per essere così a disposizione di tutti”.
Che la luminosa testimonianza di vita del servo di Dio don Ruggero Caputo e di santa Gemma Galgani contagi gli uomini di oggi nell'affascinante avventura della sequela Christi.

S.A. Lattanzio

TRATTO DA: http://www.dioeifratelli.it/archivio/2_2009/gemma-galgani.html

SERVO DI DIO DON RUGGERO MARIA CAPUTO.

La città pugliese di Barletta nel secolo XX appena tramontato ha beneficiato della santità e dello zelo apostolico del sacerdote diocesano don Ruggero M.ª Caputo, apostolo dell’Eucaristia e delle vocazioni sacerdotali e religiose, particolarmente femminili. Nacque a Barletta il 1° maggio 1907 da umile famiglia contadina di saldi principi morali e religiosi. Messosi sotto la guida saggia del Servo di Dio mons. Angelo Raffaele Dimiccoli (1887-1956), “padre e maestro di una moltitudine di figli e suscitatore di giovani alla sequela di Cristo”, maturò la chiamata al sacerdozio. Infatti, all’età di 19 anni, abbandonò il lavoro dei campi ed entrò nel Seminario di Bisceglie per consacrarsi al servizio della vigna del Signore affrontando la non lieve difficoltà di dare inizio agli studi ginnasiali (il suo curriculum scolastico era rimasto fermo alla terza elementare) e di ritrovarsi tra i banchi di scuola con studenti molto più piccoli di lui. Nel 1927 dovette lasciare momentaneamente l’abito talare per indossare la divisa Militare, per il servizio di leva a Chieti. Tornò a Bisceglie nel 1928, mentre nel 1930 passava al Pontificio Seminario Regionale di Molfetta per gli studi liceali e teologici.
Con l’ordinazione sacerdotale, avvenuta nella Cattedrale di Barletta il 25 luglio 1937, don Caputo diede inizio al suo fecondo ministero, nella perenne mansione di viceparroco svolto in diverse parrocchie della città. Il Servo di Dio nell’arco degli anni 1940-1974 per oltre venticinque anni, in due riprese, espletò l’umile missione di viceparroco nella chiesa prepositurale di San Giacomo Maggiore, che fu terra privilegiata del suo apostolato. Lì, infatti, scoprì la sua vocazione primaria di “coltivatore di gigli”. Lungo la sua esistenza terrena non ambì mai al raggiungimento di alte cariche; da uomo di Dio qual’era ebbe come unica aspirazione quella di spendersi per “l’avvento del Regno di Cristo fino agli estremi confini della terra”. Realizzò questa ardua prospettiva “missionaria” suscitando una decina di vocazioni sacerdotali e circa duecento vocazioni religiose femminili, viste come il prolungamento del suo apostolato, tutto orientato “alla conquista delle anime”.
Dove è risposto il segreto della sua riuscita apostolica? Nelle lunghe soste quotidiane dinanzi all’Eucaristia, dopo aver celebrato intensamente il Sacrificio dell’Altare. Testimone in mezzo ai fratelli della bellezza di Dio, si lasciò avvolgere da essa, attraendo a sua volta a questa bellezza e a questa luce divina chi si poneva sotto la sua guida. “Don Ruggero era un’anima innamorata del Santissimo Sacramento – afferma una sua figlia spirituale divenuta suora – Noi ragazze se avevamo bisogno del suo aiuto, andavamo in chiesa sicuri di trovarlo dietro la colonna in ginocchio, per terra, davanti a Gesù Sacramentato, assorto in profonde, silenziose e mistiche conversazioni eucaristiche. Qui si trovava la forza, l’energia che poi dava a noi… Ecco cosa ha messo nelle nostre vene: essere tutte di Gesù!”.
L’esca per attirare tanta gioventù al Signore fu l’esercizio costante del sacramento della Penitenza e il servizio reso nella direzione spirituale. Scriverà negli appunti dei primi anni di sacerdozio: “Mentre sento la voglia di fuggirmene lontano (dal confessionale), quel dolce patibolo mi dà tante attrattive per divenire predatore di anime… perché ho visto certi cambiamenti: …dove tutto era vanità e mondo è diventato santa modestia e disprezzo del mondo”.
Quest’opera silenziosa e assidua di cesello se da una parte portò frutti straordinari, dall’altra gli costò dure prove ed umiliazioni. Don Ruggero avanzava nel cammino di sequela, calcando le orme sanguinanti del Maestro, sperimentando, con dolore, sulla sua pelle, l’adagio evangelico del “nemo propheta in patria” (cfr. Lc 4, 24). Una testimone diretta ci parla di una delle tante peripezie capitate a don Caputo: “Eravamo in tante… don Ruggero era raggiante di gioia, sennonché improvvisamente si scatenò una grande tempesta che paralizzò ciò che con tanto sacrificio il Direttore (Spirituale) era arrivato a mettere su. Circolava all’interno della Parrocchia un po’ di gelosia. Le adunanze che ci teneva furono sciolte; il confessionale chiuso. Egli sembrava un agnello mite e docile agli ordini dei Superiori. Mai un lamento… la sofferenza l’aveva tutta per sé”. L’unico sfogo che a volte si lasciò sfuggire fu: “Le giovani non le lego alla mia persona, le metto ai piedi di Gesù!”.
Il 1° luglio 1951 don Caputo da San Giacomo viene trasferito come viceparroco nella parrocchia dello Spirito Santo, dando inizio a quello che sarà il suo continuo esodo di parrocchia in parrocchia, con la speranza da parte dei Superiori di ridimensionare il fenomeno che si era creato intorno alla sua persona. Ma più veniva ostacolato più aumentava la schiera delle giovani alla sua sequela, e più don Ruggero si andava confermando che il Signore lo chiamava ad essere “coltivatore di gigli”. Chiaramente non c’era nulla di sommerso, tutto era limpido, puro, solare: “Dotato di grande capacità affettiva – testimonia sr. M. Antonina Rizzitelli – appena lo avvicinavi ti accorgevi che voleva bene sul serio”. “Era semplice e umile come un bambino – afferma Antonia Distaso – perdonava e consolava più di un padre, niente era grave per lui; quando gli si mostrava qualche risentimento esortava al perdono; pure quando incontrava lui le contrarietà, in un primo momento si risentiva, ma poi scusava”.
Man mano che la sua esistenza si orientava verso il porto sicuro dell’eternità, il bisogno di stare ai piedi di Gesù crebbe maggiormente, tanto da divenire l’unico interesse. Così annotava nel luglio 1975: “In perpetua adorazione: mio Gesù Sacramentato, mia eredità che mi è toccata in sorte; Tu mia ricchezza, mia vita, sì, mia vita, perché senza di Te io languisco, io muoio, tutto crolla attorno a me, perché tutto non ha più senso senza di Te. Mio unico Amore, perché solo in Te si è poggiato il mio cuore; mio unico Bene perché senza di Te non ho nulla e sono un povero infelice, un vero disgraziato, come l’ho già sperimentato mille e mille volte. Gesù, Gesù, assorbimi tutto, prendimi tutto, non permettere mai più che io mi separi da Te”.
Gli ultimi mesi della sua vita furono consumati da una dolorosa malattia che lo uniformò totalmente alla Vittima Divina, della quale si era fatto apostolo. Ricoverato in ospedale ad una sua figlia spirituale che andò a visitarlo, disse: “Ora devo compiere la mia parte. Come dice San Paolo: ‘Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa’”.
Chiuse gli occhi nella tarda serata del 15 giugno 1980, per aprirli per sempre nella contemplazione svelata di Dio. Don Ruggero Caputo, prima di morire, aveva espresso questa volontà: “Mi seppellirete sotto terra, tra la gente, perché anche dopo morto voglio restare sacerdote del popolo”. Il 21 settembre 1990 fu effettuata la prima esumazione e i suoi resti mortali furono collocati presso la Cappella del Capitolo Cattedrale, presso il Cimitero di Barletta.
Crescendo sempre più la stima e la “venerazione” verso di lui, per desiderio unanime del clero locale e dei fedeli che hanno usufruito dei frutti del suo diuturno lavoro e della sua testimonianza di fede, nel 1999 furono inoltrate le pratiche per la tumulazione privilegiata delle sue spoglie e il 17 marzo 2003 si procedette in forma privata alla riesumazione e traslazione, in vista della ricognizione che si è tenuta ultimamente presso il Monastero delle Benedettine di San Ruggero. Il 25 luglio dello stesso anno la cassa sepolcrale di don Caputo fu portata devotamente a spalle dai sacerdoti, verso la Prepositura Curata di San Giacomo Maggiore, percorrendo le strade principali della città gremite di fedeli e di molte figlie spirituali religiose, venute appositamente per rendere omaggio al loro “vecchio papà spirituale”. I suoi resti mortali riposano presso l’antica Cappella del Santissimo, testimone silenziosa delle lunghe ore di adorazione trascorse dal nostro santo sacerdote, il quale alcuni giorni prima di morire, consegnò su un semplice foglio di carta il suo testamento spirituale: “Il Santissimo Sacramento è la mia eredità, la mia sorte, la mia fortuna, la mia ricchezza, tutta la vita mia”.
Il 25 luglio 2007, nel settantesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale, si è chiusa l’Inchiesta Diocesana sulla vita, le virtù e la fama di santità del Servo di Dio, introdotta il 1° maggio 2006.


Autore: Sac. Sabino Amedeo Lattanzio, Postulatore Diocesano